


Mariaelena Lobello al telaio

Giorgio Ventura, pres. Pro Loco CZ, e. G. De Gaetano
dirigente Pro Loco

De Agostino, Rosa Spina, Antonio Pansarella

Mariaelena Lobello, Giorgio Ventura e G. De Gaetano

A. Rubino-esperta tessile, prof. S. Pascuzzi.docente Arte
e Restauro, M. De Stefano


G. Bruni (Pro Loco CZ), Pascuzzi, Rubino, Mulè (Pro Loco
CZ)


click qui per tante altre foto della manifestazione


La stampa:
La Gazzetta del sud del 06 aprile 2006
SETA
PRESENTAZIONE DI UN LIBRO
Sarà presentato questo pomeriggio, alle ore
16.30, al Centro di Aggregazione Giovanile di via Fontana Vecchia, il libro di
Ezio Martuscelli “La degradazione delle fibre naturali e dei tessuti
antichi”. La presentazione, che terminerà domani, s’inserisce
nell’ambito della manifestazione “Tessere la seta”, organizzata dal
“Centro ricerca arte tessile” “Catanzaro città della seta” e della Pro Loco
Città di Catanzaro.
Subito dopo la presentazione sarà eseguita
una dimostrazione pratica di trattura e torcitura del filo di seta a cura di
Vivino Florino – San Floro (CZ).


Il Quotidiano del 5 aprile 2006
MONSIGNOR CILIBERTI INAUGURA
LA MOSTRA “TESSERE L’ARTE, TESSERE LA CALABRIA”
“Vedere la concretizzazione di un’attività creatrice che avvicina l’uomo
all’opera della creatività di Dio, per tutti noi è sempre un motivo di grande
gioia”.
Con queste parole l’Arcivescovo Metropolita
di Catanzaro – Squillace, Monsignore Antonio Ciliberti ha concluso la cerimonia
di inaugurazione della seconda rassegna “Tessere l’arte, tessere la Calabria”,
organizzata dal 4 al 9 aprile prossimo, dal Centro ricerca arte tessile e dalla
Pro Loco Città di Catanzaro, nelle sale del Centro di aggregazione giovanile di
via Fontana Vecchia. Oggi alle 10, l’incontro sul tema “Tessere il futuro con i
fili del passato”.


Nell’ambito
della rassegna dedicata alla tessitura calabrese primo incontro promosso dal
Crat di Maria De Stefano
TESSERE IL FUTURO CON LE TRADIZIONI
L’arte
è un settore di nicchia che potrebbe dare spazio e molto lavoro a tanti giovani
Valorizzare le casalinghe dalle mani d’oro, mettere in
luce l’antica arte della tessitura attraverso una ricerca sul territorio e uno
studio volto a riprendere trame e motivi. Queste le finalità del Centro ricerca
arte tessile (Crat) promosso insieme alla Pro Loco “Città di Catanzaro” della
seconda rassegna “Tessere l’arte, tessere la Calabria” allestita fino a domenica
presso il Centro di aggregazione giovanile di via Fontana Vecchia. E dopo
l’inaugurazione di martedì - a cui ha partecipato l’arcivescovo metropolita di
Catanzaro - Squillace, Antonio Ciliberti
– ieri (moderata da Maria De Stefano, presidente del Crat) la prima delle
conferenze in programma dove a farla da padrona sono state soprattutto le
assenze degli ospiti annunciati, complice probabilmente le ultime giornate di
campagna elettorale. Al centro della discussione il tema “Tessere il futuro con
i fili del passato” a cui hanno partecipato Francesco Startari dirigente
scolastico Itas “Chimirri”, Pasqualino Serra coordinatore regionale
Calabria Eafra, Gregorio Guzzo sindaco di Miglierina, Nunzia Bressi
sindaco di San Floro, Filippo Capellupo assessore provinciale alle
attività produttive, e Mario Gallo dirigente scolastico del liceo
artistico. “l’istituto Chimirri – ha esordito il dirigente Startari – è stato il
primo in cui si è iniziato a tessere la seta per scopi didattici. Nel tempo la
scuola ha cambiato i percorsi di studio sebbene ancora oggi rimanga un corso
generale di tessitura”. La volontà, quindi, dell’istituto di rinverdire le
proprie origini nonché di recuperare antichi strumenti. “Grazie
all’amministrazione provinciale – ha continuato Startari – siamo riusciti a
recuperare un antico telaio ma c’è bisogno di alcuni pezzi che sono andati
distrutti e di un esperto che ci aiuti a rimetterlo in funzione magari per
produrre di nuovo i preziosi damaschi catanzaresi”. Gli antichi manufatti locali
da guardare come pezzi d’eccellenza all’interno all’interno di un mercato
globalizzato, secondo Pasqualino Serra. “L’arte che è innata – ha spiegato – nel
dna degli italiani, non rientra nella globalizzazione, è un settore di nicchia
che potrebbe dare spazio e lavoro a tanti giovani. Occorre però formazione e
capacità di agire in rete e i corsi che in passato abbiamo organizzato e quelli
che allestiremo sono finalizzati a far apprendere tecniche”. Dal coordinatore
Eafra (Ente Acai formazione e ricerca artigiani) l’invito a credere nel settore
della tessitura come in qualunque altro settore di tipicità locale. “Non abbiamo
bisogno di infrastrutture – ha sottolineato Serra – ma piuttosto di rete,
formazione e convinzione. Oggi come oggi acquisire titoli significa appendere
quadretti, maturare competenze significa lavorare”. A testimoniare, invece, i
lavori promozionali verso la tessitura due primi cittadini. “Nel mio comune – ha
spiegato Gregorio Guzzo- dinanzi allo spopolamento ed alla scarsa presenza di
attività produttive ci siamo chiesti come invertire rotta. E allora abbiamo
pensato di studiare le ricchezze del territorio, quelle che c’erano un tempo,
per permettere ai giovani di ripartire proprio da lì. Ma non solo. Nel vostro
paese è presente un gruppo di vincenziane particolarmente brave con il tombolo.nulla
impedirebbe di trasformare quello che oggi è mero hobby in un’attività
produttiva”. L’esempio di Miglierina da un lato quindi e dall’altro quello di
San Floro che ha voluto promuovere la tessitura attraverso l’imprenditoria
femminile. “Da noi si allevava il baco da seta – ha spiegato Nunzia Bressi – ed
il nostro progetto mirava proprio a questo. Con l’aiuto dell’Arssa abbiamo
acquistato un’antica azienda che da aprile a maggio di ogni anno apriamo alle
scolaresche che arrivano da tutta la Calabria, per osservare il percorso che
porta alla creazione della seta.Oggi come oggi puntiamo all’allestimento di un
museo, non morto ma vivente perché finalizzato alla creazione di nuovi tessuti”.
Un sogno, quello di produrre manufatti serici nella provincia di Catanzaro,
confessato anche dall’assessore Filippo Capellupo. “Catanzaro tempo fa – ha
sottolineato – era un centro primario che ancora oggi ha lasciato segni
eccellenti: quei damaschi che ogni tanto ammiriamo dal balcone di qualche
palazzo in occasione di eventi importanti ne sono preziose testimonianze.
Bisogna mirare a produrre quei manufatti di qualità che fanno la differenza
perché peculiari di un territorio rispetto ad un altro, e realizzarli con
manodopera locale. E sarebbe bello se proprio dalle scuole partisse una
formazione orientata a rendere produttive oggi le tradizioni di un tempo”. La
necessità di un approfondimento storico dell’allevamento del baco e della
produzione della seta sollecitata anche dal dirigente Mario Gallo che sul punto
ha rimarcato il bisogno di operare in sinergia tra istituti ed istituzioni. “E’
doveroso – ha sottolineato – che le scuole si mettano a disposizione degli enti
locali che non possono sempre essere visti come elargitori di fondi. Ad ognuno
la propria funzione e noi come liceo artistico siamo pronti per esempio non solo
ad affrontare uno studio specifico sul baco della seta quanto anche a riprodurre
quei bellissimi disegni che venivano tracciati sui damaschi”.
La
manifestazione è sta organizzata dalla PRO LOCO Città di Catanzaro e dal
C.R.A.T.


Il Domani del
9 aprile 2006
Dibattito al Centro
di aggregazione giovanile di via Fontana Vecchia nell’ambito della kermesse
“Tessere l’arte, tessere la Calabria” organizzata dalla PRO LOCO CITTA’ DI
CATANZARO E DALLA C.R.A.T.
PERCHE’ IL
DECLINO DELLA TRADIZIONE SERICA?
L’avvento del “libero mercato” decretò la fine di una grandezza che era stata
incontrastata.
Un accenno, prima di tutto, dedicato alla mostra
ovvero un percorso conoscitivo e rievocativo per nulla scontato, anzi piacevole,
anche nella scenografia, su lavorazioni pregiate e dal grande effetto visivo,
oltre che dalla qualità “accertata”. Una di quelle mostre, insomma, che vale la
pena d’essere visitata, che si sia cultori dell’arte serica, oppure no. Trovano
spazio, nell’esposizione, dei tessuti di seta e di ginestra, capi e corredi
della tradizione tipica catanzarese, ma “esempi”, pure, delle tendenze dello
stile contemporaneo applicato “all’antico” sistema di produzione e creazione dei
tessuti. Nonché, piacevole, la rievocazione di ambienti del vivere quotidiano
attraverso gli strumenti, gli ornamenti e gli utensili, che hanno caratterizzato
un passato glorioso. Del resto, la mostra al Centro di aggregazione giovanile,
in via Fontana Vecchia, è il punto di partenza, da cui rintracciare le
coordinate per una rotta precisa, indirizzata alla “riappropriazione” della
tradizione della coltivazione del baco seta e della produzione dei tessuti.
Recuperando proprio il testamento lasciato dagli avi in questo “ambito
professionale”. E si parte, infatti, da qui, con il terzo giorno di dibattiti,
al Centro di aggregazione giovanile, previsto nell’ambito kermesse “Tessere
l’arte, tessere la Calabria”, promosso dal Centro ricerca arte tessile
“Catanzaro città della seta”, in collaborazione con la Pro Loco del capoluogo
(presenti anche Valerio Donato, presidente dell’Arssa Calabria e Santino
Pascuzzi, docente presso l’istituto d’arte e restauro “Palazzo Spinelli”, di
Firenze). Dibattiti, si diceva, finalizzati ad un esame attento sul passato, sul
presente e sul futuro di una cultura che rese grande il popolo catanzarese in
tutto il Vecchio Continente. E non solo. Si parte, dunque, dagli albori. Ricorda
Angela Rubino, gruppo cultura Crat, che “Catanzaro, nel 1670, raggiunge l’apice
del suo splendore e della sua fama nella sericoltura e nella lavorazione dei
tessuti”. “Tant’è – precisa – che nei testamenti dell’epoca, questi prodotti,
venivano messi al pari, per valore, ed importanza, ai gioielli”. A testimonianza
perciò del pregio riconosciuto ai lavorati calabresi. Anche se è solo uno degli
esempi, inconfutabili, che si possono fare a riguardo. Ma la domanda che rivolge
il giornalista Gianni Bruni sui perché del declino di questa realtà apre a
scenari più che mai attuali. Nonostante i secoli trascorsi. Allora come oggi,
apertura dei mercati, “globalizzazione”, mancanza di ricerca ed innovazione,
caduta delle certezze dell’assistenzialità concessa dal Regno di Napoli sui dazi
e sulla esclusività della produzione e della cultura. L’avvento del “libero
mercato” sancì, in pratica, la fine di una grandezza incontrastata, di cui se ne
appropriò la città di Lione, e la Francia in generale, ma anche altre città
italiane, quali, ad esempio, Firenze. Lo hanno ricordato i relatori. Lo ha
ricordato lo storico Cesare Mulè che, di più, ha offerto uno spaccato sulla
capacità “imprenditoriale” dei setaioli dell’epoca, da far invidia a quella
moderna: dal sigillo di qualità apposto sui filati, passando per il sistema di
commercializzazione e trasporto predisposto, fino ad un apparato bancario creato
a supporto. Senza dimenticare “l’albo” degli addetti ai lavori: “il libro delle
matricole”. Ecco che allora diventa più chiara la finalità dell’incontro di
giovedì, perché “dallo studio attento del passato – commenta Bruni – è possibile
pensare al futuro, progettando ed agendo in funzione di una nuova era della seta
catanzarese”.


Il Domani
del 8 aprile 2006
Rivalutare
l’arte serica è tra le finalità del CRAT e della PRO LOCO Città di CATANZARO che
hanno promosso una rassegna.
GLI ANTICHI
SEGRETI DELLA TESSITURA
Nei costumi arbereshe di
Caraffa i segni di una nobile tradizione
“Portare alla luce gli antichi segreti della
tessitura, attraverso il filo della ricerca delle tradizioni, al fine di
valorizzare il patrimonio artistico- culturale della provincia di Catanzaro.”
Questa, a dire di Giorgio Ventura, Presidente della
Pro Loco città di Catanzaro, la finalità del CRAT Centro Ricerca Arte Tessile e
della stessa Pro Loco nel promuovere la seconda rassegna “tessere l’arte,
tessere la Calabria”, allestita fino a domenica, presso il Centro di
aggregazione giovanile di Via Fontana Vecchia.
La conferenza in programma venerdì scorso ha visto
al centro della discussione le seguenti tematiche: “Il filo della storia” (hanno
partecipato Concetta Mazzei, antropologa del costume tipico arbereshe di Caraffa
di Catanzaro e Giuseppe d’Agostino, Presidente dell’Associazione Nazionale
Letterati ed Artisti di Catanzaro), “Il costume popolare nella fotografia di
fine ‘800 – inizi ‘900” e “Dal fiore di ginestra alla trama” (hanno relazionato,
rispettivamente, Antonio Panzarella, docente di scenografia, presso l’Accademia
Belle Arti di Catanzaro e Sibilla Puteri, imprenditrice tessile). Ha moderato
Rosa Spina, Art Director Crat di Catanzaro.
Assodata la presenza nel Regno delle due Sicilie di
comunità albanesi, già a partire dal 1200 (negli archivi pugliesi si registrano,
in quel periodo, matrimoni con l’appellativo albanese), “nell’istmo di
Catanzaro, le ondate migratorie – ha spiegato Concetta Mazzei, antropologa del
costume tipico arbereshe di Caraffa di Catanzaro – si fecero più consistenti con
Alfonso I d’Aragona (dal 1416 al 1446) e Ferdinando I (a partire dal 1468), i
quali assoldarono soldati mercenari albanesi, raggiunti - aggiunge-, solo in un
secondo tempo, anche dalle loro donne e dalle loro famiglie”. Ha fatto seguito
la trattazione del costume tipico arbereshe, quale documentazione visiva a
testimonianza di un modo di abbigliarsi delle donne albanesi, stabilitesi, in
via definitiva, a Caraffa e Vena di Catanzaro, ove la tipologia di costume ha
ricalcato quella sud-est europea; fino al 1800, come testimoniano le stampe
dell’epoca, gli indumenti, utilizzati, in questi paesi, erano la lynya (camicia
bianca di lino con corpo diritto e taglio a forma di T); la pettina decorata,
attaccata alla gonna plissettata in vita e lo xhipuni (corpetto di panno,
decorato nella parte anteriore).
“Nei paesi arbereshe di Catanzaro (Andali,
Marcedusa, Amato e Gizzeria) – ha sottolineato l’antropologa – i costumi,
combinandosi con diverse tipologie dei paesi limitrofi, persero, ad un certo
punto, le fattezze originali, pur mantenendo, in parte, la loro peculiarità (nei
ricami e nelle decorazioni) e la denominazione albanese”.
Il
percorso di studi, seguito da Concetta Mazzei, ha termine agli inizi del XIX
esimo secolo, quando subentra un nuovo costume popolare, ossia quello della
pacchiana calabrese. Dopo l’incitamento, rivolto da Giuseppe d’Agostino,
Presidente dell’Associazione nazionale Letterati ed Artisti, agli enti locali,
affinché elargiscano fondi, volti a sovvenzionare una festa arberesh a
Catanzaro, la parola è passata ad Antonio Panzarella, docente di scenografia
presso l’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, il quale, in relazione al tema
“Il costume popolare nella fotografia di fine ‘800 – inizi ‘900” ha lamentato la
mancanza sul territorio di un “archivio della memoria”, spiegando, in
particolare, che il materiale fotografico (si tratta, per la maggiore, di
fotografie di Gerard Rohlfs e Melchiorre Russo), che andrà a mostrare,
attraverso delle diapositive, ci è pervenuto da terre lontane (America,
Argentina ed Australia), perché – racconta – “gli emigrati avevano voglia di
ricordare”. Il professore Panzarella ha, ad un certo punto, ricordato Antonio
Minasi, Direttore della sede Rai di Cosenza, per avergli, negli anni ’80,
consentito di curare una rassegna su fotografi e fotografie in Calabria; un
lavoro, questo, che diede ad Antonio Panzarella la possibilità di incontrare dei
veri talenti della fotografia, come Mariano Lo Moro (fotografo di Dasà) ed il
barone Cesarelli (fotografo di Arena).
Durante il suo intervento, Antonio Panzarella ha informato i presenti della
pubblicazione di un suo libro, avente come titolo ‘Arena, una volta’ (edito da
Framasud, 1981), un libro, che gli ha definito “l’album fotografico di un paese
e della sua gente”.
“Lasciandosi trasportare dalle emozioni o dalle circostanze del caso - il
professore sembra, quasi, riflettere a voce alta -, la penna dello scrittore può
anche mentire; i fotografi, invece, sono in grado di cogliere dei momenti veri;
quelli del passato, poi, - prosegue – ci hanno lasciato la storia dei costumi e
dei modi di vivere delle comunità”.
Il
professore Panzarella ha, infine, auspicato la costituzione di un museo della
memoria della cd. Fotografia sociale (dell’emigrazione, del lavoro e delle feste
religiose), anche nel capoluogo di regione.
Sibilla Puteri, imprenditrice tessile, ha, invece, descritto le seguenti fasi
del procedimento, non più in uso, di lavorazione e filatura della ginestra
(arbusto, che cresce nei luoghi aridi delle regioni mediterranee): la
scorticatura (gli steli, dopo la macerazione, vengono cosparsi di sabbia fine di
fiume e strofinati, energicamente, con i piedi per separare la fibra dallo
strato esterno), la sfibratura (gli steli vengono strappati, con le mani), la
battitura (la fibra, sistemata a mucchietti su grossi massi, viene battuta da
robuste mazze di legno), cardatura (la fibra viene, a mano o con appositi
pettini, pulita, parallelizzata e selezionata) e la filatura (la fibra, con
alcune operazioni manuali o con il filarello, viene trasformata in filato). “La
produzione di ginestra – spiega l’imprenditrice – è una nostra antica
tradizione, addirittura, risalente a 3500 anni fa, come si è potuto, di recente,
dimostrare in seguito a degli scavi archeologici, condotti nella zona del
Pollino, ove sono stati ritrovati frammenti dell’anzidetto filato”.


da Il Domani del 9 aprile 2006
“PER
NON DIMENTICARE INTERE GENERAZIONI DI DONNE”
NOTA DI GIORGIO VENTURA, PRESIDENTE DELLA
PRO LOCO, SULL’ESPOSIZIONE
“L’arte tessile è collegata alle
tradizioni popolari, dove in molti paesi della Calabria, l’arte del telaio
veniva tramandata di madre in figlia, in particolare per la realizzazione dei
corredi”. Lo afferma in una nota Giorgio Ventura, presidente della Pro Loco di
Catanzaro. “In questo modo – prosegue – le giovani donne della nostra terra fin
da piccole imparavano l’uso dell’arte del telaio apprendistato lungo e intenso.
Questa mostra didattica vuole mettere in evidenza la tecnologia, la creatività e
la rivalutazione dell’arte tessile per non fare dimenticare il passato ed il
percorso di intere generazioni di donne. Rosa Spina e Maria De Stefano hanno
avviato un singolare percorso scavando un solco nella tradizione calabrese con
la segreta speranza di portare alla luce attraverso la ricerca, gli antichi
segreti della “tessitrice”. Il percorso odierno, ha l’ambizione di riuscire a
valorizzare, attraverso lo studio e l’analisi di “antichi motivi tradizionali
tessili”, il patrimonio storico artistico e culturale della provincia di
Catanzaro. La Pro Loco Città di Catanzaro, si propone, inoltre, di offrire un
contributo concreto allo sviluppo turistico e territoriale sostenendo con
entusiasmo sempre crescente l’ambiente, la tradizione il folclore la cultura
l’artigianato la storia l’arte le manifestazioni e tutto ciò che può offrire
solo chi ama in modo profondo e disinteressato la propria terra.”


relazione di
Angela Rubino
(excursus sulla
nascita dell'arte serica a Catanzaro)
L'ARTE
DELLA SETA A CATANZARO E LIONE
echi di un
antico passato che puo' tornare a vivere.
La
città di Catanzaro fu fondata tra l'885 e l' 890, da un uomo di fiducia
di
Basilio I il Macedone: NICEFORO FOCAS.
Essa fu
edificata con funzione strategica a guardia dei due vicinissimi mari,il suo nome
deriva dall' attributivo "KATO ANTSARI" un misto di greco e arabo che significa
" nei pressi di una terrazza " e fa riferimento alle superfici terrazzate del
luogo. Isolata nell'alta posizione dominante l' istmo di Marcellinara tra Ionio
e Tirreno, battuta da correnti d' aria provenienti dall'Africa dall'Atlantico,
Catanzaro divenne l'aereo dominio dei venti.
Caratteristica, questa , che sarebbe rimasta a lungo nella tradizione del luogo,
che ha da sempre parlato delle tre " V " : VENTI-VELLUTI-VITALIANO " ; quest'
ultimo era il nome di un Papa salito al trno nel pieno della polemica Monotelita
( seconda metà del sec. VII ) e legata alla corte di Bisanzio; i velluti
rinviavano ad un'altra illustre tradizione bizantina: quella dell'arte della
seta.
La
lavoraziona della seta fu introdotta in Calabria dai bizantini nel VI secolo,da
allora, per circa un millennio, quest'attività costituì la base dell' economia
calabrese per circa un millennio.Catanzaro si distinse per la straordinaria
qualità dei suoi manufatti: i tessuti prodotti erano talmente pregiati da venire
nominati negli atti notarili e testamentari subito dopo i gioielli.Essi
varcarono i confini d' Italia, divennero la merce più richiesta nelle fiere e
nei mercati più importanti: fonte di ricchezza e prestigio per la per la città.
Il '500
fu l' epoca di maggiore sviluppo della seteria catanzarese. Già prima di
allora,il Municipio faceva mantenere regole diligenti e rigorose per mezzo di
commissari incaricati di di vigilare sulla perfezione della tintura, filatura e
tessitura, nonchè sulle frodi degli artigiani. Che l' arte della seta era
antichissima in Catanzaro è provato dal fatto che l'imperatore Carlo V, con un
decreto del 1519, approvo' i nuovi statuti in sostituzione degli antichi.Quindi,
se nel 1519, i primi statuti erano stati sostituiti, vuol dire che l'arte della
seta era già da molto tempo progredita e sviluppata tanto da esigere dei
regolamenti appositi che la disciplinassero.
Ma
bisogna considerare che il pregio dei prodotti,l'abilità degli artefici e dei
mercanti non erano gli unici fattori che favorirono il progredire nei secoli
dell'arte della seta catanzarese. Infatti, il principale elemento che porto'
quest'arte a prosperare e a diventare una vera e propria industria, fu
certamente l' esenzione da qualsiasi gravame fiscale relativamente alla
produzione della seta che i vari sovrani del regno di Napoli le concessero per
un lungo periodo di tempo (dal quattrocento fino alla metà del cinquecento).
Ma
purtroppo, a partire dalla metà del XVII secolo essi non riconobbero piu’ alla
città questi antichi privilegi e proprio a partire da questo periodo iniziò per
la seteria catanzarese un lento ma inesorabile declino. Un altro grave
avvenimento contribuì al lento spegnersi di questa fruttuosa attività: il
gravissimo terremoto che nel 1783 colpì la Calabria.Catanzaro fu una delle città
più danneggiate:i suoi telai che, come attestano le cronache del tempo , erano
circa 1000 nel 1600, si ridussero a soli 270 nel 1783, e il suo commercio era
limitato alla sola regione. Come se non bastasse, c’è da dire che tale grave
fenomeno avvenne proprio in un periodo di grande incremento delle macchine
tessili. Infatti, molte furono le innovazioni tecnologiche in questo settore ;
ed esse resero obsoleta ed antieconomica la lavorazione prettamente manuale ed
artigiana che fino ad allora aveva caratterizzato la lavorazione della seta a
Catanzaro. Vale per tutte l’invenzione del tessitore francese JOSEPH MARIE
JACQUARD, che verso la fine del XVIII secolo, brevettò un telaio completamente
automatizzato, che contribuì fortemente al miglioramento delle stoffe lavorate
e,di conseguenza, favorì una loro più larga diffusione su scala internazionale.
Proprio
il tema dell’arte della seta è al centro del testo “L’ARTE DELLA SETA A
CATANZARO E LIONE .ECHI LONTANI ED ATTIVITA’ PRESENTE “, a cura della dottoressa
ANGELA RUBINO. La cui pubblicazione è imminente.Come già illustra il titolo,
l’opera ha voluto mettere a confronto la storia di Catanzaro e della sua
industria serica, con quella di Lione, città francese che dal XV secolo ad oggi
ha fatto dell’industria serica la sua principale fonte di benessere economico.
La
stesura del libro è il frutto di un lavoro di ricerca , condotto sotto un
profilo storico-sociale, che intende evidenziare l’importanza che tale attività
ebbe sulla cultura,sulle tradizioni, sull’economia locale nelle singole città.
L’epoca
storica che segnò l’avvicinamento tra l’esperienza culturale francese e quella
italiana e calabrese in particolare è il XV secolo.E’ proprio a partire da
allora che alcuni provvedimenti di Sovrani francesi (ciè quello di LUIGI XI nel
1470 e quello di FRANCESCO I nel 1536) favirirono l’arrivo di tessitori
italiani e soprattutto catanzaresi, in francia, in particolare nelle città di
TOURS e LIONE. I setaioli catanzaresi, le cui splendide manifatture erano
rinomate in tutta Europa, insegnarono , allora i segreti della loro arte agli
operai francesi, dando vita ad uno straordinario processo di fusione tra due
culture lontane e diverse tra loro.
La prima
manifattura della seta in Francia ,venne ,quindi attivata con il contributo
determinante delle maestranze e della tecnologia calabrese. Il telaio utilizzato
, infatti, era quello portato in Francia da un tessitore detto “François le
calabrais”. Esso è considerato il capostipite dei telai meccanizzati. La città
di Lione fu fondata nel 43 A.C. da MUNAZIO PLANCO. Essa sorgeva sulla collina di
Fourvière, e divenne la capitale della Gallia Lugdunensis, l’etimologia del nome
celtico “ LUGDUNM” è incerta ; il termine celtico potrebbe significare: “città
del cervo” , “città del Dio Lugus”, “piccola città”. L’importanza storica di
questa città è dovuta soprattutto alla sua posizione geografica, una delle più
originali del continente europeo. Essa è situata presso la confluenza della
Saona col
Rodano, e il territorio che la circonda è costituito da un insieme di altipiani.
Tale posizione geografica, ha permesso a Lione di essere a più riprese città
internazionale di prim'ordine. L'industria della seta, che fin dalla sua
installazione; nel XV secolo; fu validamente protetta e sostenuta daal potere
regio, divenne nel secolo seguente, una delle principali glorie e una delle
principali fonti di ricchezza di Lione.
Dopo il
XVII secolo, Lione non tiene più il posto di città internazionale a causa dello
sostamento delle vie di commercio in seguito allo sviluppo delle relazioni
transoceaniche, ma le fiere avevano lasciato in città dei capitali, avevano
allacciato delle relazioni commerciali.Lione, utilizzando questi vantaggi, potè
trasformare la sua attività commerciale in attività industriale e mantenere così
la sua fama di grande centro economico. L'industria della seta vi si sviluppò
rapidamente: dapprima installata nel quartiere della CROIX-ROUSSE (il quartiere
dei” CANUTS”:operai in setreria), essa non tardò ad espandersi nei sobborghi,e
particolarmente nelle vicine campagne; inoltre, una vera politica coloniale e
abili relazioni commerciali con l'estremo oriente hanno contribuito a fare di
Lione uno dei più grandi centri mondiali,non solo per la tessitura, ma anche per
il commercio delle sete.
Nel testo
in questione, l'autrice, ha voluto sottolineare il fatto che nelle due città la
storia ha avuto una diversa evoluzione: mentre Lione ha saputo adattarsi ai
mutamenti del mercato internazionale,ed è quindi riuscita ad andare avanti nel
suo processo di sviluppo; Catanzaro, paradossalmente, è stata vittima di quelli
che oggi vengono indicati cone i fattori primi di ogni sviluppo economico. La
liberalizzazione dei mercati con l' annullamento dei privilegi fiscali, la
tecnologia con le nuove macchine di produzione.
Oggi,
quindi, mentre gli antichi fasti dell'arte della seta catanzarese sono solo un
ricordo; Lione è uno dei principali produttori mondiali di manufatti serici.Tuttavia
l'autrice ha evidenziato il fatto che in entrambe le città esistono delle
aziende specializzate nella produzione di tessuti antichi, che privilegiano il
rispetto delle tecniche tradizionali, tanto nei materiali utilizzati, quanto nei
processi di produzione adottati. Nonostante questa diversa evoluzione
storica,quindi,il denominatore comune che unisce le due città cosiderate è il
rispetto e l'amore per le tradizioni, che si configura, infondo, come la
necessità di preservare i propri beni culturali.
Ovviamente,mentre a Catanzaro le aziende di questo tipo sono delle piccole
realtà ubicate in alcuni piccoli comuni e a conduzione familiare; a Lione, tali
fabbriche artigiane, sono molto antiche e vantano un'intensa e continua
attività,utilizzano una vasta gamma di antichi telai, integrandoli, comunque a
quelli elettrici di matrice più moderna.
Ma oggi a
Catanzaro qualcosa sta cominciando a muoversi di nuovo, dopo secoli di stasi e
di oblio. Non possono passare inosservati, ad esempio,gli sforzi e le iniziative
del “CENTRO RICERCA ARTE TESSILE. CATANZARO CITTA' DELLA SETA “.
Il
C.R.A.T. È un'associazione culturale che favorisce la ricerca storica, culturale
e tradizionale dell'arte serica e tessile, e intende valorizzare l' artigianato
d' eccellenza, unendo l'amore per la tradizione al fascino del design più
moderno. Il C.R.A.T. nasce nel 2004, le socie fondatrici sono MARIA DE STEFANO
(presidente) e ROSA SPINA (vice presidente), entrambe MAESTRE D'ARTE DEL TESSUTO
E ARAZZO. Il fine del loro lavoro di ricerca è quello di compiere un viaggio
nella memoria storica, ripercorrendo le tappe di un'esperienza che ha
caratterizzato fortemente la realtà sociale ed economica della nostra città per
oltre due secoli.Obbiettivo finale è il riconoscimento dell'importanza dei
retaggi culturali legati alla tessitura e il desiderio di metterli al servizio
delle più moderne esigenze. Tra le iniziative più importanti del C.R.AT.. è da
segnalare il progetto: “RILANCIO DELLA TESSITURA A MANO”, coordinato dal centro
e sostenuto dall'ASSESSORATO ALLE POLITICHE ECONOMICHE SOCIALI PUBBLICA
ISTRUZIONE nella persona dell' ASS. MAURIZIO SINISCALCO.
Nello
specifico, il progetto di rilancio della tessitura a mano,prevedeva un percorso
di formazione rivolto agli studenti delle ultime classi dei due istituti
coinvolti: "l'ISTITUTO B. CHIMIRRI e il LICEO ARTISTICO STATALE“; esso si
proponeva l'obbiettivo di creare degli operatori specializzati nel settore
tessile in modo da dare risposte professionalmente valide. Le scuole
rappresentano uno dei luoghi ideali per favorire il cambiamento culturale
necessario affinche' l'arte tessile prenda corpo in iniziative concrete.
L'intento che tale percorso formativo si è proposto è quello di esortare i
giovani calabresi ad industriarsi per acquisire una cultura d' impresa.
In questo
modo si gettano le basi per la creazione di una rete di imprese di artigianato
tessile, che favoriscano il rilancio di tecniche innovative, ma anche lo studio
di antichi motivi e la loro riproduzione. Il progetto si articolava in due fasi:
una PRIMA FASE è stata dedicata alle lezioni, che prevedevano una parte teorica
e una pratica, la SECONDA FASE prevedeva delle visite guidate presso dei
centri che operano nel territorio calabrese, non solo nel settore propriamente
tessile, ma anche in quello della gelsicoltura e bachicoltura. Il corso ha avuto
luogo nel corso dell'anno scolastico 2005-2006.
I lavori
realizzati dai ragazzi degli istituti coinvolti nel progetto,sono stati esposti
in occasione della “II RASSEGNA TESSERE LA CALABRIA“ che si è tenuta nella prima
settimana di Aprile nei locali del centro di aggregazione giovanile di via
“fontana vecchia “. La rassegna non è stata solo una mostra di preziosi
manufatti tessili , ma è stata anche occasione di convegni molto interessanti
sugli antichi fasti dell'arte della seta a Catanzaro e sulla sua decadenza,sugli
antichi costumi tradizionali,sulla conservazione dei tessuti e manufatti antichi
; sono intervenuti esperti e storici di prestigio.
Non
bisogna ,inoltre dimenticare,il lavoro svolto da altri esperti che da anni
profondono intensi sforzi a favore del rilancio dell' arte serica a Catanzaro.
Fra essi spicca il nome di ATTILIO ARMONE, che da anni opera nel territorio
catanzarese , attraverso delle iniziative volte al recupero di antichi telai
(quali testimonianze di un illustre passato) ,e al rilancio dell' arte della
seta. E' da segnalare,inoltre il nome di GIUSEPPE MATARESE, esperto e
ricercatore della storia della città di Catanzaro e della sua “nobil arte”,
conoscitore del funzionamento e dell'assemblaggio dei telai jacquard.
Quello
che tutti i cittadini catanzaresi certamente si augurano, è che tutte queste
persone possano continuare a portare avanti le loro iniziative a favore del
rilancio di un'attività che ci ha dato tanto nel passato e che potrebbe
continuare a farlo; ovviamente se adeguatamente sostenuta dalle istituzioni.


Tessere la Calabria
di Gianni Bruni (per
obiettivo Calabria - periodico della CCIAA di Catanzaro)
Quattro
giorni di mostre, riflessioni e dimostrazioni sull’arte più prestigiosa della
regione
“Tessere la Calabria”: per quattro giorni,
l’iniziativa promossa dal Centro Ricerca Arte Tessile unitamente alla Pro Loco
di Catanzaro, ha calamitato l’attenzione di storici ed appassionati, di
artigiani del settore serico provenienti da tutta la provincia, di
amministratori e di tanti giovani che hanno voluto rivivere, attraverso
l’esposizione di splendidi manufatti antichi e moderni e relazioni di alto
livello, la storia dell’arte della seta nella nostra Città.
Una delle giornate è stata dedicata, oltre
che alla dimostrazione sulla trattura e torcitura del filo di seta, ad una serie
di conferenze che hanno permesso ad un attento pubblico di seguire, passo per
passo, nascita, splendore e decadenza dell’attività serica a Catanzaro,
un’attività che diede lustro e ricchezza alla città laddove, come ricorda il
D’Amato nelle sue “Memorie”, nel XVI secolo “anche i contadini ed i mendicanti
vestivano di seta”.
Coordinati dal giornalista Gianni Bruni, i
lavori sono stati aperti dalla relazione della dott.ssa Angela Rubino, del
gruppo culturale CRAT, su “La seta di Catanzaro a Lione”: un interessante e
documentato excursus sulla nascita dell’arte serica a Catanzaro, sul suo
sviluppo che precedette quello di altre regioni italiane, quali la Toscana ed il
Piemonte, per approdare in Francia, a Lione, che doveva di seguito divenire il
principale punto di riferimento delle tessiture e del commercio delle sete in
Europa.
Ma a Lione, ha ricordato la Rubino, i
maestri setaioli catanzaresi vi andarono per insegnare, non per apprendere, e
non a caso uno dei più antichi telai, oggi esposti proprio a Lione nel Museo
della Seta, porta ancora inciso il nome del maestro “Jean le calabrese”.
Particolare attenzione la relatrice ha
posto ai colori ed alle tipologie produttive: i colori principali erano il
celeste, derivato da una mistura di polveri denominata Castello, il Cremisi un
colore rosso acceso che si produceva dal “kermes”, lo scarlatto realizzato dalla
radice della robbia, il nero ed il giallo oro che si produceva sia bollendo la
terra gialla di Troppa sia dall’erba gialla che cresceva spontanea nei dintorni
dell’allora Monteleone e di Caraffa di Catanzaro.
Le produzioni tipiche erano le “Zagarelle”,
il Tabì, l’Ambrosino, “A spicarola”, le “Candusce” oltre a broccati, damaschi,
sete diffuse e conosciute in tutta Europa.
Un’approfondita disamina storica è stata
quindi compiuta dal prof. Cesare Mulè, profondo conoscitore di ogni momento
della nostra città, il quale ha subito ricordato come nel 909 d.C. un monaco
novizio, per essere ammesso nell’ordine benedettino, portò in dotte un rotolo di
seta catanzarese. È questo il primo, preciso richiamo all’arte serica di
Catanzaro, mentre altre testimonianze si evincono da un atto notarile del 1089
il quale, nell’indicare i confini di un podere, accennava ad una piantagione di
gelso in esso esistente.
Poi, nel 1295, ecco una pergamena
sottoscritta da Giovanni di Manforte, conte di Squillace, contenente un
inventario di tessuti preziosi di “Cathasarito panni d’oro e seta e zendali di
diversi colori” mentre è del 1410 il parametro di velluto e di oro, realizzato a
Catanzaro e donato a Ladislao di Durazzo.
Dopo i privilegi di Giovanna II che
decretava lo sgravio del “dazio di tintoria” per le sete ed i velluti di
Catanzaro, una protezione maggiore giunse con i decreti di Alfonso di Aragona
(1445) e di Ferdinando di Aragona (1487). Quindi, il 30 marzo del 1519, Carlo V
istituiva in Catanzaro il Consolato del-l’Arte della Seta, contenente le regole
per la realizzazione dei tessuti e le norme per il rispetto della produzione.
L’espansione era rapidissima anche sotto il
profilo commerciale grazie all’attività mercantile degli Ebrei tanto che nel
1523 esistevano in Catanzaro 1212 famiglie con 1000 telai e 5000 lavoranti.
Poi la progressiva abolizione dei benefici
fiscali, il terremoto del 1783 che distrusse gelseti ed opifici, l’invenzione in
Francia dei telai a vapore “Jacquard” che consentivano a parità di tempo e di
lavoro una produzione più alta rispetto alla vecchia tecnologia ancora in uso a
Catanzaro, condussero rapidamente al declino dell’arte serica catanzarese.
Infine, nel 1869, l’apertura del Canale di
Suez, con l’abbattimento delle distanze tra l’Europa ed i paesi asiatici grandi
produttori di seta, ridusse al minimo produzione e commercializzazione dei
nostri tessuti.
Di particolare interesse è stato poi
l’intervento del prof. Santino Pascuzzi, docente presso l’istituto per l’Arte ed
il Restauro “Palazzo Spinelli” di Firenze che ha presentato e commentato la
pubblicazione del prof. Ezio Martuscelli su “La degradazione delle fibre
naturali e dei tessuti antichi”.
“Il concetto di restauro – ha ricordato il
relatore – emerge con la nascita stessa dell’opera, sia essa un arazzo, un
dipinto, una manifattura lignea o cartacea. Ed ogni intervento deve essere
rigorosamente preceduto da una indagine, oggi facilitato dalle nuove tecniche,
che consenta i rimedi necessari ed appropriati”.
“Addirittura per il manufatto tessile il
degrado avviene nel momento in cui le fibre vengono trattate con la torcitura,
la tessitura, la tintura e l’esposizione ad agenti atmosferici quali la luce, la
polvere, l’umido contribuisce al progressivo disfacimento, in mancanza di
appropriati interventi, del tessuto”.
Il prof. Pascuzzi ha concluso il suo
intervento accennando alle più moderne tecniche di restauro auspicando ad una
sempre maggiore tutela, specie sotto il profilo conservativo, dei beni
culturali.
Ha concluso i lavori il prof. Valerio
Donato, presidente dell’ARSSA Calabria, che ha subito voluto richiamare
l’attenzione, specie degli imprenditori del settore, sulla capacità del gelso e
della seta di essere utilizzati in settori diversi da quelli tradizionali.
Il gelso è una pianta sfruttabile nell’uso
delle biomasse ma anche per le tante sostanze utilizzabili in iniziative
imprenditoriali e proprio nella considerazione di un’attività economicamente
appetibile quale può essere la coltivazione dei gelseti che l’ARSSA sta avviando
uno specifico progetto.
Anche per la seta sono possibili utilizzi
diversi, nel settore di tessuti di elevata resistenza o nel settore medico,
rispetto alle produzioni tradizionali.
Anche in tale ottica l’ARSSA, nell’ambito
di una ristrutturazione delle attività dell’Ente, ha costituito un centro
sperimentale, ricco di ottime professionalità, diretto ad agevolare tutte le
attività di ricerca applicata per iniziative con risvolti economici, tra cui
anche il gelso.
Infine il prof. Donato ha anticipato l’idea
di rilanciare la rete commerciale dell’ARSSA, da riservare esclusivamente alla
produzione e vendita di prodotti locali di qualità; una organizzazione di 15-20
posti vendita che potrebbero ospitare anche i tessuti, e che, grazie
all’appoggio di Paolo Abramo, presidente di Unioncamere, potrà anche entrare in
relazione con l’intero territorio nazionale e con i principali mercati esteri.
Gianni Bruni, avvocato dirigente Pro Loco
Città di Catanzaro, giornalista, scrittore, storico.


|