La Pro Loco Città di Catanzaro

in collaborazione con

Edizioni la Rondine
www.edizionilarondine.it

presenta

DIZIONARIO DELLA LINGUA CATANZARESE

di Vittorio Sorrenti

Circolo Unione - Palazzo Fazzari - Catanzaro
27 ottobre 2006 - ore 17,00

interventi:

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Giorgio Ventura - pres. Pro Loco Città di Catanzaro

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Rosario Olivo - sindaco di Catanzaro

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Antonio Argirò - Ass.re alla cultura - Comune di Catanzaro

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Antonio Panzarella - Docente Accademia Belle Arti di Catanzaro

La relazione è curata da:

Gianni Bruni
Dirigente Pro Loco Città di Catanzaro

seguirà dibattito

moderatore:

Fabio Scavo direttore Agenzia Stampa D.N.A.

Il Dialetto

“Il dialetto è per definizione una varietà di forme linguistiche che vengono praticate in zone geografiche limitate, non è assolutamente una derivazione dall’italiano, come erroneamente si crede, ma una lingua di pari dignità che si è evoluta parallelamente a questa. Riflette la tradizione di un popolo, la sua cultura, i suoi costumi, le sue abitudini; possiede un suo lessico e una sua grammatica. L’unica differenza sta nell’estensione: il dialetto è ovviamente meno parlato rispetto ad una lingua ufficiale ma è ugualmente un sistema completo di comunicazione verbale (orale o a segni, pieno di accenti ma non necessariamente scritto) con un vero e proprio dizionario (come quello per cui siamo qui oggi) e con delle precise regole grammaticali”.

Vorrei partire da questa definizione per poter affermare e sottolineare l’importanza di questa forma linguistica che a noi catanzaresi ricorda più che mai il “vissuto” della nostra gente, immagini dei nostri nonni in campagna, intorno ad un tavolo a giocare a carte o davanti una bottiglia di buon vino o delle nostre nonne nell’intimità delle loro case, immagini di tanta gente che in un ieri lontano hanno caratterizzato la nostra storia anche e soprattutto attraverso il linguaggio. Il dialetto ci parla e ci racconta del nostro passato, dello sviluppo storico, sociale e politico della nostra città.

La “Pro Loco città di Catanzaro”, che oggi io rappresento nella veste di Presidente vuole essere testimonianza di cultura, di esaltazione delle nostre radici e della nostra storia più che mai, parlando di un tema che non deve invecchiare mai, nonostante il passare degli anni, e che si inserisce in un quadro più ampio e dettagliato su usi e costumi di noi catanzaresi.

È con grande rammarico, però, che assistiamo quotidianamente ad un dramma culturale: nonostante rappresenti un efficace, simpatico e colorato mezzo di comunicazione, in alcuni ambiti il dialetto viene erroneamente considerato una forma scorretta dell’italiano che non gode dello status di lingua ufficiale. Soprattutto la scuola purtroppo offre come unico modello la lingua nazionale e classifica come errore qualsiasi espressione che non si uniformi a questo modello. Niente di più sbagliato.

Si dovrebbe invece considerare il dialetto come un arricchimento per la didattica e per l’educazione linguistica e si dovrebbe seriamente prendere in considerazione l’eventualità di assegnargli un posto importante nella scuola, regolarmente riconosciuto. Imparando il dialetto sin dai primi anni di scuola lo studente si allena a percepire le differenze linguistiche e arriva più facilmente a tener separati i due codici pur imparandoli perfettamente entrambi nel corso della sua formazione. Attenzione a non confonderli però: si dovrebbe avere ben chiaro in mente che l’errore non consiste tanto nell’usare una forma del dialetto (che non è sbagliata in quanto tale) ma nell’inserirla in un contesto italiano. È questo quindi che si dovrebbe evitare di fare ma non si deve impedire ad un cittadino di potersi esprimere in altri contesti secondo il cuore. Cosa c’è di più bello che ascoltare un catanzarese mentre esprime in modo colorito i propri sentimenti, le proprie passioni, le proprie emozioni?

Io auspico una rivalutazione del dialetto nelle scuole, una diminuzione dell’atteggiamento sociale negativo e attraverso il nostro lavoro (quello di oggi ne è un esempio assolutamente concreto) promuoviamo un desiderio di riscoperta delle nostre radici attraverso la raccolta di termini legati alla cultura della tradizione orale catanzarese convinti che il dialetto costituisca un potenziale espressivo e un patrimonio da tutelare così come ogni altro bene comune culturale. Questo dizionario contiene anche vocaboli relativi ad arti e mestieri che sono sotto minaccia di scomparire in maniera definitiva senza lasciare traccia alcuna; è uno sforzo di recuperare appieno il significato storico ed il senso culturale della parlata locale affinché non diventi inesorabilmente una lingua morta. Rappresenta il ritratto di questa nostra società, della sua storia, delle sue tradizioni, delle sue credenze, bellezze e miserie. Nello sfogliare queste pagine la nostra memoria si fa nostalgica.

Ciò che manca senza dubbio alle nuove generazioni calabresi è l’accostamento a questa cultura, il toccarla con mano se non nella sua integrità almeno nelle linee essenziali. Conoscere il carattere vero della nostra tradizione orale dialettale, così come la lettura diretta di frasi o vocaboli è il veicolo più sicuro per mantenere intatti nel tempo oltre che i contenuti i termini stessi. Il nostro interesse primario deve essere quello di tutelare e difendere il nostro dialetto che negli ultimi decenni ha dato prova purtroppo di qualche cedimento. Vero è che la lingua nazionale è venuta sempre più diffondendosi ma il catanzarese deve mantenere vivo il suo dialetto parlandolo continuamente tra amici o in famiglia servendosene come il mezzo più spontaneo e più dinamico di espressione. Deve accogliere tutto il suo patrimonio culturale ed umano ed evitare che si impoverisca di giorno in giorno. Ma per fare ciò occorre innanzitutto sgomberare il campo da pregiudizi e da errori, di cui il più comune è quello di considerare il dialetto quale corruzione della lingua italiana.

Al contrario...pensiamo alla sua immensa importanza culturale; il nostro dialetto è servito nel tempo da spunto per la realizzazione di molti lavori teatrali entrati poi stabilmente nel genere già noto come teatro dialettale. Quindi è pazzesco immaginare il dialetto come un’erba cattiva da estirpare, rappresenta al contrario un patrimonio culturale ed espressivo che non va respinto ed annullato ma custodito, salvato e diffuso.

 

 

DIZIONARIO DEL DIALETTO CATANZARESE

 La lingua dei nostri padri. Un linguaggio particolare e affascinante ma poco conosciuto, particolarmente ai giovani.

Vorrei partire da questa definizione per poter affermare l’importanza di questa forma linguistica che a noi catanzaresi ricorda più che mai il “vissuto” della nostra gente.

Il dialetto ci parla e ci racconta del nostro passato, dello sviluppo storico, sociale e politico della nostra città.

La “Pro Loco città di Catanzaro”, oggi - vuole essere testimonianza di cultura, di esaltazione delle nostre radici e della nostra storia più che mai, parlando di un tema che non deve invecchiare mai, nonostante il passare degli anni, e che si inserisce in un quadro più ampio e dettagliato su usi e costumi di noi catanzaresi.

Personalmente, auspico una rivalutazione del dialetto nelle scuole, una diminuzione dell’atteggiamento sociale negativo e attraverso il nostro lavoro (quello di oggi ne è un esempio assolutamente concreto) promuoviamo un desiderio di riscoperta delle nostre radici attraverso la raccolta di termini legati alla cultura della tradizione orale catanzarese

convinti che il dialetto costituisca un potenziale espressivo e un patrimonio da tutelare così come ogni altro bene comune culturale.

Questo dizionario contiene anche vocaboli relativi ad arti e mestieri che sono sotto minaccia di scomparire in maniera definitiva senza lasciare traccia alcuna; è uno sforzo di recuperare appieno il significato storico ed il senso culturale della parlata locale affinché non diventi inevitabilmente una lingua morta.

E’ demenziale immaginare il dialetto come un’erba cattiva da estirpare, rappresenta al contrario un patrimonio culturale ed espressivo che non và respinto ed annullato ma custodito, salvato e diffuso.

Un caloroso  augurio ed un ringraziamento - voglio rivolgere all’autore del Dizionario della Lingua Catanzarese dott. Vittorio SORRENTI  – che oggi presentiamo in queste austero Palazzo ed alla giovane Casa Editrice LA RONDINE dei fratelli SILIPO (che vantano antiche tradizioni nell’arte grafica). Un sentito ringraziamento al Presidente Blasco e alla Dott.sa LAMANNA del Circolo Unione – che hanno sostenuto questa iniziativa,  - ai Media  alle Autorità presenti nonché  a tutti VOI convenuti.

La stampa

Sabato, 28 ottobre 2006

 PRESENTATO IL DIZIONARIO DI VITTORIO SORRENTI

LA CATANZARESITA’ RIVIVE NELLA LINGUA,
MA NON CHIAMATELO DIALETTO

 

La stanza celeste di Palazzo Fazzari ieri sera ha reso omaggio al delicata e faticosa opera di Vittorio Sorrenti (nell’edizione di domani riporteremo sulla manifestazione un più approfondito servizio, ndr), autore del “Dizionario di lingua catanzarese con grammatica”, un opera omnia sul parlato locale con tanto di fraseologia, fonema, modi di  dire e profilo storico del nostro idioma popolare.

“Un corpus completo del dialetto di Catanzaro”, lo ha definito durante la presentazione Giorgio Ventura, presidente della Pro loco Catanzaro che ha patrocinato l’evento:  “un omaggio alla lingua dei nostri padri, particolare e affascinante ma poco conosciuto, specie ai giovani, un linguaggio che ci racconta del nostro passato, dello sviluppo storico, politico e sociale della nostra città”.

“La lingua vera, quella del silenzio, che i nostri padri praticavano e che nel tempo si è persa” ha aggiunto Antonio Panzarella, docente presso l’Accademia di Belle Arti. Poi il turno di Gianni Bruni, giornalista storico e dirigente Proloco, con il suo excursus nella storia della lingua a partire dal nono secolo, passando per le pre-indoeuropee la colonizzazione greca, la romanizzazione:

“E’ un documento che completa qualsiasi altra iniziativa a tema dall’800 ad oggi”, ha affermato Panzarella. Infine la parola all’autore stesso, anche drammaturgo, saggista, musicista. Lui, il dialetto, ha preferito definirlo “linguaggio”, “perché dialetto è svilente”. E la sua opera l’ha voluta dedicare ai giovani, “perché non si perda nelle generazioni future”. Al passo coi tempi, presto potrebbe incidere un cd che sia di supporto alla non semplice fonesi già indicata nel dizionario cartaceo. Un dizionario che, vogliamo ricordare; edito da “La Rondine” dei fratelli Lucia (e disponibile sin da ora in tutte le librerie al prezzo di 40 euro), contiene 11500 voci dal dialetto all’italiano, 7850 dall’italiano al dialetto, 700 modi di dire, tutti ripescati minuziosamente dall’autore nei cassetti della propria memoria e messi a punto in dieci anni di prezioso lavoro.

 

  Domenica, 29 ottobre 2006

TUTTI DA SCOPRIRE NEL NUOVO DIZIONARIO DI VITTORIO SORRENTI

IL CATANZARESE, UN IDIOMA RICCO
DI UNDICIMILA VOCI E  SETTECENTO MODI DI DIRE

Il “catanzarese”? Un idioma ricco, incisivo, ancora palpitante e in ottima salute. Undicimila voci dal dialetto all’italiano, settemila ottocentocinquanta voci dall’italiano al dialetto, settecento modi di dire racchiusi in un volume di 672 pagine, strutturate in cinque capitoli: questi numeri del “dizionario della lingua catanzarese” elaborato in dieci anni di proficuo lavoro dal letterato Vittorio Sorrenti.

“Dieci anni perché – spiega l’autore – ho anche fatto altro; ho scritto testi teatrali, commedie, romanzi”.

Il volume di Sorrenti è stato presentato a Palazzo Fazzari, grazie alla disponibilità del presidente del Circolo Unione Dott. Salvatore Blasco e della segretaria Anna Lamanna. Una manifestazione organizzata dalla Pro Loco Città di Catanzaro, in collaborazione con la Casa Editrice “La Rondine”dei giovani fratelli Rinaldo e Gianluca Lucia.

Bella la copertina, con lo stemma di Catanzaro impresso sull’ex casello doganale della Porta Maggiore fotografato da Enzo Maggio; all’interno tantissime foto storiche di proprietà di Nino Itria.

L’autore è stato introdotto da Antonio Panzarella, docente dell’Accademia delle Belle Arti, il quale ha evidenziato come “con questo dizionario Sorrenti ha immagazzinato la lingua dei padri, memoria della nostra comunità”. Cinque capitoli dedicati il primo al profilo storico del dialetto; il secondo alla grammatica; due ai vocabolari catanzarese-italiano e viceversa; l’ultimo alle espressioni e modi di dire. Il testo è stato illustrato dal dirigente Pro Loco, Gianni Bruni, che nel suo excursus ha tracciato la storia del dialetto catanzarese, partendo da quello calabrese, ricordando come “a partire dall’avvento delle colonie greche si arrivò ad una prima unità della lingua. Il nostro dialetto ha un fondo greco, con vari influssi, dall’arabo, al francese, allo spagnolo”.

 

 

Domenica, 29 ottobre 2006

SOTTO LA LENTE DI SORRENTI, VENTIMILA PAROLE
PER DAR VOCE AL VERNACOLO

 

Drammaturgo, autore, musicista, saggista, e chi più ne ha più ne metta, un vero e completo “genio dell’arte”, così come lo ha definito venerdì Gregorio Panzarella, durante la presentazione del suo “Dizionario del dialetto catanzarese” a Palazzo Fazzari. Stiamo parlando di Vittorio Sorrenti, un personaggio catanzarese "dal carattere non sempre facile, ma molto legato alla sua terra", un personaggio con un’immensa cultura e grandi doti, come abbiamo già detto, di pianista compositore oltre che di scrittore, poeta, romanziere, saggista. Un personaggio che ha preferito vivere un pò nell’ombra, disertandosi salotti culturali catanzaresi e piuttosto preferendo le mura domestiche e il proprio scrittoio, carta e fiumi d’inchiostro. E risale proprio a venerdì davanti alla platea del Circolo Unione l’invito per Sorrenti da parte di Panzarella, portatore della voce di molti catanzaresi, ad essere più vicino alla vita  culturale della città, perché Catanzaro ha bisogno di menti come la sua.  Un invito inoltre a non abbattersi e a mettere da parte pensieri del tipo "non scrivo più per il teatro perché non ci sono compagnie".

"A Catanzaro – ha asserito Panzarella- le compagnie ci sono!". Ma parliamone direttamente con lui , l’autore del “Dizionario del dialetto catanzarese” che ha “tradotto” di suo pugno e sua memoria 19350 termini in tutto dal nostro parlato all’italiano e viceversa, che si è dilettato per dieci anni nella ricerca di frasi, detti, proverbi catanzaresi e che ha messo a punto per iscritto una complessa spiegazione di fonetica per permettere a chiunque voglia avvicinarsi al fascinoso dialetto catanzarese di pronunziarlo a regola d’arte. Da dove è nata quest’idea, e perché? Tutto è nato dieci anni fa quando mi accorsi che la lingua dei nostri padri andava disperdendosi. Le nuove generazioni raramente conoscono bene il dialetto, dunque dedico tutto il mio lavoro esclusivamente, alle generazioni giovani, più che attuali, le future. Trovo inammissibile che i giovani d’oggi non conoscano la lingua locale, e dunque che non la trasferiscano ai propri figli, disperdendo così le nostre tradizioni, la nostra storia”. Per la costruzione di questo dizionario è andato a caccia di termini tanto particolari quanto conosciuti tra i catanzaresi o si è fidato delle sole sue conoscenze? E’ tutto frutto della mia memoria, nozioni personali, io tengo tutto qui (indicandosi  la fronte): se riesci ad entrarci ti ci perdi!

Quali altre sue pubblicazioni ricorda con piacere? Tra quelle inedite, il romanzo “Addio  mia vita addio”, oltre che “Nini’ cianuro e i gatti del barone”, e “Giangurgolo maschera calabrese”, ma ce ne sono molte altre.....

Un pensiero, una frase che la accompagna: E’ inutile avere idee se non si possono realizzare. E’ inutile avere pensieri, se non si possono tradurre per i pensieri degli altri”.

ANNA TRAPASSO

 

 di lunedì 30 ottobre 30 ottobre 2006

Presentato al Circolo Unione il vocabolario con relativa grammatica realizzato
da Vittorio Sorrenti per le edizioni “La Rondine”

A BATTESIMO UN DIZIONARIO DI CATANZARESE

 

Il Circolo Unione di Catanzaro sempre più all’avanguardia nell’organizzazione di programmi culturali e di grande interesse. L’ultimo è stato quello della presentazione di un dizionario di lingua catanzarese con relativa grammatica redatto da Vittorio Sorrenti per le edizioni “La Rondine” di Catanzaro. Un interessante ed inedito volume che è stato oggetto di dibattito al quale hanno partecipato i conduttori della manifestazione e cioè: il presidente della  Pro Loco, Giorgio Ventura, il giornalista, Gianni Bruni, Antonio Panzarella, docente dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro e lo stesso autore Vittorio Sorrenti. Alla serata che, come sempre, è stata organizzata con la sapiente regia dell’insostituibile Anna Lamanna, ha partecipato il presidente del Circolo Unione, salvatore Blasco ed un folto stuolo di cittadini. A dare il la ai lavori il presidente della Pro Loco, Ventura, il quale si è soffermato sulla importanza della conoscenza della lingua dei nostri padri. Un dialetto – ha detto che ci parla e ci racconta il nostro passato. Secondo Ventura il ricordo del dialetto non deve invecchiare mai anzi è auspicabile – ha sostenuto – che sia rivalutato perché è un patrimonio da tutelare così come ogni altro bene culturale. Ha poi voluto precisare che il dizionario contiene vocaboli relativi ad arti e mestieri che stanno scomparendo ed ecco l’importanza di aumentare gli sforzi per far sì che non diventi lingua morta. Panzarella ha lodato le tante iniziative di Sorrenti, legatissimo alla sua Catanzaro, che ha pure scritto testi teatrali usando sempre termini dialettali perché ha capito che la nuova generazione sta perdendo l’uso di questa nostra antica lingua che è poi la lingua dei nostri padri, dei rioni, dei quartieri. Ben 11.500 voci compongono il volume di Sorrenti che – ha detto – auspico sia più vicino alla vita culturale della città. Secondo Panzarella il volume di Sorrenti dovrebbe far parte delle biblioteche di tutte le famiglie catanzaresi. Interessante e di grande livello l’intervento di Gianni Bruni secondo cui il volume di Sorrenti completa qualsiasi altra iniziativa del genere dal profilo storico, alla grammatica, alle espressioni. Quindi Bruni ha svolto un excursus sulle origini del dialetto catanzarese che ha avuto influssi notevoli da tutti i popoli che sono passati da questa terra. La Calabria – ha detto – è la regione che più di tante altre ha visto la propria lingua trasformarsi sotto gli influssi e contributi lessicali esterni. Per secoli è stata meta di nuovi conquistatori che hanno apportato nuove civiltà. Ed è verso la metà dell’VIII secolo a. C. che alcune popolazioni greche s’insediarono prima sulle sponde dello Jonio e su quelle del Tirreno. La regione era abitata da popolazioni autoctone quali i Coni (stanziati tra Metaponto e Crotone) e gli Itali cui seguirono i morgeti e i siculi , QUESTI ULTIMI PROVENIENTI DAL Septimontium nel Lazio da dove erano stati cacciati per il sopraggiungere  dei Latini e dei Volsci. Quindi mentre lungo le coste si affermava la lingua greca, nella Calabria settentrionale sotto la spinta dei Lucani nasceva il popolo dei Bruzi che a lungo avrebbe combattuto contro i greci e poi contro l’invasione romana alleandosi con Annibale. I lucani ebbero la loro massima espansione nel IV sec. Introducendo la loro lingua e quella degli irpini, vale a dire l’osco anche se successivamente subendo l’influsso della civiltà greca non si servirono più del loro alfabeto di cui restano testimonianze in iscrizioni in osco rinvenute a Cirò, Vibo Valentia e Tiriolo.

Ad ogni modo le popolazioni che costituirono il Brutium vennero chiamate bilingue proprio perché parlavano il greco e l’osco almeno nel primo periodo dell’avvento dei lucani, ma già nella metà del terzo secolo nel periodo della II Guerra Punica è da rilevare che la splendida monetazione, sia dei Bruzi che dei Lucani, portasse le iscrizioni in greco. Poi la successiva invasione e dominazione dei romani seguita dalla fine dell’Impero Romano d’Occidente. In seguito ci fu l’invasione dei Goti di Alarico e la Magna Grecia venne a trovarsi in una profonda crisi economica e culturale. Soltanto con Cassiodoro nel VI sec., ministro di Teodorico e propugnatore della Concordia tra Romani e Goti, il Bruzio ebbe una fugace ripresa. Venne reintrodotto il greco con l’avvento dei bizantini ma l’invasione dei longobardi spezzo l’unita politico-territoriale del paese perché la provincia di Cosenza tolta ai bizantini fu annessa al Ducato longobardico di Benevento e successivamente al Principato di Salerno. Sotto la dominazione bizantina il greco finì con l’affermarsi sul latino. Nel IX sec. Le incursioni saracene avevano devastato la Calabria ma il dominio bizantino fu infranto dai Normanni. La Calabria entrava a far parte del Regnum Sicialianum ed anche sulla lingua vi furono grosse ripercussioni. Si parlava infatti il greco bizantino, l’arabo ed il romanzo. Con l’avvento dei normanni prevalse il normanno. Tracciato così, sia pure sommariamente il panorama storico della Calabria fino all’XI sec., Bruni si sofferma sulla lingua parlata nella Media Calabria cioè nel catanzarese. Rohlfs, nel suo Dizionario dialettale delle Tre Calabrie, chiarisce che mentre i dialetti della Calabria settentrionale risalgono direttamente alla romanizzazione, quelli della Calabria meridionale mancano di un fondo latino originario perché gli influssi latini che si rintracciano non si connettono alla romanizzazione intrapresa nei tempi antichi ma costituiscono i l risultato di una nuova romanizzazione avvenuta nel medioevo. Sicché quando nella Calabria meridionale decaddero il greco e l’arabo, si affermo la lingua romanza cioè la lingua letteraria medioevale   con elementi idiomatici meridionali. In sostanza il dialetto catanzarese ha un fondo greco ricco di influssi arabi, qualche parola germanica rimasta per il passaggio dei Goti e dei Longobardi e poi qualche parola spagnoleggiante. Resta pure qualche parola osca (ad esempio Timpa).

A questo punto della serata Panzarella ricorda diversi scrittori catanzaresi e calabresi come Saro Gandino, Patari, Vincenzo Ammirà, Barbato, Nicola Giusto di Reggio Calabria. Nel dibattito, che si apre subito dopo, diversi gli interventi tra cui Antonio Barbato del Centro Studi Vincenzo Butera che ha voluto ricordare la figura del poeta di Confluenti a cui è intestato il centro studi, e che a suo dire assieme a Don Pippo De Nobili e all’avvocato Federico Cinnante sono stati i tre calabresi associati al lavoro dello studioso del nostro dialetto, il tedesco Gerard Rohlfs ricordato da Agusto Placanica. Barbato poi ricorda che Pier Paolo Pasolini, sul modo di essere della letteratura calabrese e dei suoi intellettuali, in rapporto a quanto scritto sui calabresi da Corrado Alvaro ha espresso critiche feroci finendo con l’inserire solo Michele Pane nell’Antologia e facendo come, suol dirsi, tendenza sul giudizio futuro dei critici letterari riguardo ai poeti dialettali calabresi. Sulle dichiarazioni di Barbato che ha sostenuto che la poesia di Butera è pervasa di substrati culturali che affondano le loro radici nella cultura greco-latina, si è aperto un vivace dibattito con Panzarella e Sorrenti. Altri interventi si sono susseguiti tra cui quello di Mario Martino che ha scritto una storia in dialetto di Catanzaro, Giuseppe Gregoraci che ama comporre poesie, Vincenzo Squillacioti da Badolato, Giancarlo Spadanuda che ha posto il quesito del perché non si studia il dialetto catanzarese nelle scuole del capoluogo. Ha, quindi, preso la parola il Presidente Salvatore Blasco che ha lodato l’opera realizzata da Sorrenti esprimendo la sua soddisfazione per aver tenuto “a battesimo” l’ennesimo lavoro di questo artista. Un pizzico di vivacità la portata l’attrice dialettiale catanzarese Stella Surace che ha voluto ricordare Gemelli altro cultore dialettale e Ciccio Viapiana, definendosi alla fine “gurpigna e rapinante” (se lo dice lei). Il preside Francesco Tassone ha rivelato che nelle scuole che lui ha presieduto ha sempre portato aventi il culto del dialetto. La scuola ha detto, dovrebbe promuovere in via ufficiale lo studio del dialetto, sostenendo in fine che la Calabria è il centro d’Italia perché i romani esteso Itali partendo appunto dalla nostra regione  Ai muri della sala  dove si è tenuto il convegno, tanti quadri della Catanzaro antica quando il dialetto era certamente più parlato di adesso. Un ricordo al passato che certamente non guasta mai.

 

 

UN DIZIONARIO DEL DIALETTO CATANZARESE

L’ ULTIMA FATICA LINGUISTICA CON ANNESSA GRAMMATICA
DI VITTORIO SORRENTI

 

CATANZARO – La lingua dei nonni. Un idioma particolare e suggestivo  ma poco conosciuto, soprattutto dai giovanissimi. E’ questo il dialetto catanzarese . Qualcuno aveva anche proposto di insegnare il linguaggio dei nostri antenati nelle classi scolastiche. Idea, per non chiare ed esplicite motivazioni, risposta subito nel cassetto del dimenticatoio. Ma la lingua  dialettale rimane comunque custode di un’importante tradizione storica che affonda la sua origine nella notte dei tempi. Tranquilli se molte volte parlando con i vecchietti e gli anziani della città non ricordate il significato di vocaboli come lancéddha, rebùzzu o sarravàlla, basta andare sul vocabolo e il gioco è fatto. E non è certo una battuta o una nota ironica. Perché in barba a tutti quelli che consideravano - molti ignorantemente lo considerano ancora oggi- il dialetto un modo volgare  e poco signorile di comunicare, ora è uscito in libreria il “Dizionario della lingua catanzarese con grammatica”, di Vittorio Sorrenti, nelle edizioni “La Rondine” (672 pagine, euro 40). Un po di numeri: undicimila e cinquecento voci dal dialetto all’italiano, settemila e ottocentocinquanta voci dall’italiano al dialetto, ben settecento tra espressioni e modi di dire dialettali, dai quali si coglie la musicalità di una parlata che ancora in gran parte  è viva sulla bocca della grande popolo catanzarese. Le espressioni e i modi di dire – annota l’autore nella specifica premessa al relativo capitolo- sono l’anima e il colorito del linguaggio, al contrario dei proverbi che sono la saggezza dei popoli. Inoltre nella prima parte è presente anche il profilo storico della lingua catanzarese, completo di grammatica con vere e proprie regole ed eccezioni e alcuni schemi con la coniugazione precisa dei verbi più in uso nel parlato. Una parte finale racchiude le denominazioni del dialetto catanzarese della città, dei paesi e degli abitanti della Calabria, con i nomignoli talvolta affibbiati a singoli gruppi di persone. Di più e meglio non si poteva certo avere. Vittorio Sorrenti, l’autore del magistrale lavoro, ha dato veramente il massimo sulla lingua della nostra città. Uno scrigno di tante curiosità dialettali da aprire con cura e da sfogliare pagina dopo pagina, senza fretta. Lui è un catanzarese doc. figlio d’arte, pianista compositore, poeta, commediografo e scrittore, ha diretto molte rappresentazioni teatrali e televisive da regista e ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti negli svariati campi della sua passione letteraria. E in effetti nel vocabolario catanzarese – italiano; italiano –catanzarese, curato fin nei minimi particolari (con persino la fonetica dei termini dialettali di molto lontani dal nostro italiano), si denota una certa professionalità linguistica, che qualifica la fatica dell’autore. Gradevoli e accattivanti le immagini della Catanzaro d’altri tempi, , sparse qua e là  nelle pagine del corposo volume e fornito archivio fotografico di Nino Itria. La copertina riporta lo stemma di Catanzaro, che si trova sull’ex-casello doganale della Portamarina.

Il dizionario certo servirà per ricordare soprattutto alle future generazioni una lingua che ha segnato gli anni della storia personale dei nostri avi, trascorsa e incastonata tra le viuzze strette e anguste di una piccola e fiorente città della Calabria. Il dialetto catanzarese – ma come moltissimi dialetti calabresi e meridionali- è un idioma ricco di sfumature greche. A ricordare sicuramente il passato glorioso della nostra Terra di Calabria da protagonista in tutto il mar Mediterraneo. Non perdiamo questa grande tradizione linguistica , che Vittorio Sorrenti ci ha aiutato a riscoprire. Perderla sarebbe un peccato davvero grande. E imperdonabile.

Luigi Mariano Guzzo